Sistema nervoso simpatico e parasimpatico
Tutti noi conosciamo, almeno a grandi linee, il significato del termine “sistema nervoso”. Esso rappresenta quel complesso sistema di nervi che permette la trasmissione di segnali elettrici nel nostro organismo e che è alla base di molte funzioni vitali. In ragione della sua complessità anatomica e funzionale, il sistema nervoso viene suddiviso in varie branche. In altre parole esso rappresenta un insieme di sottosistemi, ciascuno con proprie caratteristiche anatomiche e funzionali (vedi figura). Di questo complesso sistema fa parte il cosiddetto “sistema nervoso autonomo” (SNA), che partecipa alla regolazione dell’attività degli organi interni del nostro organismo e che a sua volta è suddiviso in due branche: il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico.
Perche suddividerli?
Ebbene, queste due branche sembrano avere un ruolo differente sugli organi bersaglio. Tradizionalmente, al sistema nervoso simpatico viene attribuita una funzione di attivazione e mobilitazione delle risorse energetiche, mentre al sistema nervoso parasimpatico viene attribuita una funzione opposta di deattivazione, quindi di rilassamento e di conservazione delle risorse energetiche. Quando si attiva l’uno o l’altro sistema? Dipende dalla caratteristica della situazione e dal significato che le attribuiamo. Questi sistemi servono a preparare l’individuo a rispondere in modo adeguato alle specifiche richieste ambientali. Se la situazione attuale per noi rappresenta un pericolo, il nostro organismo si preparerà ad una risposta di attacco o fuga mobilitando le risorse energetiche attraverso il sistema nervoso simpatico. Viceversa, se la situazione cessa di essere minacciosa, prevarrà un’attivazione del sistema nervoso parasimpatico. Occorre tuttavia precisare che, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, l’attivazione del sistema nervoso simpatico e parasimpatico non sono in contrapposizione tra loro. Attualmente si ritiene infatti che la relazione tra le due branche possa talvolta essere antagonista, altre volte sinergica, altre volte ancora indipendente.
Cosa c’entra tutto questo con il biofeedback?
Il biofeedback è una tecnica che può venire in aiuto alle persone che mostrano un’iperattività a situazioni stressanti o comunque un pattern di attivazione anormale che può creare problemi o causare l’aggravamento di disturbi fisici o psicologici già presenti. Lo scopo del biofeedback è infatti quello di aumentare il controllo volontario sulle reazioni del proprio organismo e di portare in equilibrio i sistemi di risposta fisiologica che mostrano un’alterazione. In altre parole, coloro i quali rispondono agli eventi stressanti con un’attivazione eccessiva utilizzeranno il biofeedback per ridurre l’attivazione del sistema simpatico e incrementare l’attivazione del sistema parasimpatico. Viceversa, le persone che rispondono agli stress con una risposta parasimpatica apprenderanno a ridurre quest’ultima e a controbilanciarla incrementando al contempo l’attività del sistema nervoso simpatico.
Cos’è esattamente il biofeedback?
Come suggerisce il termine stesso, il biofeedback non è altro che un’ informazione biologica di ritorno, ottenuta attraverso specifiche apparecchiature di registrazione. L’idea dell’informazione biologica di ritorno è la stessa di quando misuriamo il nostro peso su una bilancia. Anche in questo caso, infatti, ci affidiamo ad uno strumento che è capace non solo di quantificare il nostro peso, ma di mostrarci il risultato restituendoci un’informazione che rappresenta una sorta di fotografia istantanea del nostro peso corporeo attuale. L’elemento fondamentale da cui partire per imparare ad esercitare una qualche forma di controllo è proprio il feedback, cioè l’informazione restituita dallo strumento. Il processo di apprendimento e consapevolezza è infatti reso possibile dal monitoraggio momento per momento degli effetti somatici prodotti dai pensieri e dalle emozioni.
I parametri fisiologici specifici più comunemente considerati comprendono:
- La frequenza cardiaca;
- La temperatura cutanea;
- La tensione muscolare;
- La risposta psicogalvanica.
Le apparecchiature utilizzate invece consistono sostanzialmente in:
- elettrodi di registrazione;
- strumento di elaborazione dei segnali;
- monitor per la visualizzazione e il monitoraggio dei parametri.
Che cosa devo aspettarmi? In che cosa consisterà il lavoro?
La procedura comprende in genere due fasi:
Fase 1: il profilo psicofisiologico
La prima parte consiste in un attento esame del tuo profilo psicofisiologico, mediante il quale è possibile osservare la presenza di pattern (configurazioni) di attivazione anomala a situazioni stressanti. Ti sarà chiesto di sdraiarti o sederti comodamente mentre il personale si curerà di applicare alcuni elettrodi di rilevazione in siti specifici del tuo corpo. Seguiranno brevi fasi di registrazione in cui ti verrà detto alternativamente di rilassarti e di svolgere alcuni compiti prima che l’esame possa considerarsi concluso. Una volta terminato, sarà possibile verificare dai grafici ottenuti come si comporta il tuo organismo (in termini fisiologici) in situazioni di stress e in fase di recupero. Immaginiamo di avere di fronte a noi una persona che lamenta crampi e dolori muscolari cronici, per i quali sia stata esclusa una causa medica, e di sottoporla all’esame appena descritto. Probabilmente il grafico ottenuto mostrerà un aumento del tono muscolare in situazione di stress e la difficoltà a riassestarsi ai livelli di base una volta terminata la stimolazione. Tutto ciò significa che le situazioni di stress inducono un’intensa attivazione muscolare che, una volta instaurata, tende a protrarsi nel tempo anche quando la fonte di stress viene meno. Questo pattern è in grado di generare i dolori lamentati ed è quindi opportuno migliorare il controllo che la persona ha su di essi passando alla seconda fase.
Fase 2: il biofeedback
Nella terapia con biofeedback si applicano nuovamente gli elettrodi e si chiede alla persona di guardare il monitor che mostra il tracciato delle sue risposte fisiologiche. L’apparecchiatura viene impostata in modo che quando l’ampiezza del segnale relativo alla funzione fisiologica di interesse superi una soglia limite concordata con la persona, lo strumento produca un suono. Con l’aiuto del feedback visivo e acustico, il soggetto apprende metodi utili a ridurre la propria attivazione e ottiene un riscontro sul processo di autoregolazione in corso. La soglia limite viene ridotta gradualmente in modo da raggiungere livelli sempre maggiori di rilassamento. Quando l’obiettivo è quello di raggiungere una maggiore attivazione (in quanto manca un’adeguata reazione allo stress) la soglia viene invece alzata.
Quando è opportuno ricorrere al biofeedback?
Il biofeedback è utile se sussiste almeno una delle seguenti condizioni:
- lo stress è una componente importante nell’eziologia del disturbo
- un arousal eccessivo o un pattern di reazione psicofisiologica anomalo contribuisce a mantenere e ad aggravare i sintomi
- alla base del disturbo vi è un’alterazione della funzionalità fisiologica
- nel trattamento dei medical unexplained physical symptoms (MUPS) o di disturbi funzionali
Quali sono i punti di forza rispetto ad altre tecniche o terapie?
- Il ruolo attivo della persona sia nel trattamento che nella definizione degli obiettivi;
- La capacità di agire selettivamente e in modo circoscritto su un particolare aspetto del funzionamento fisiologico, come la tensione muscolare del caso descritto sopra;
- Il feedback uditivo e acustico permette inoltre di ottenere un riscontro circa il processo di autoregolazione in corso;
- La capacità di fornire un riscontro oggettivo del processo di autoregolazione in corso;
- La possibilità di monitorare qualitativamente e quantitativamente le risposte legate all’attivazione del sistema nervoso autonomo
- Pur non essendo una tecnica di rilassamento vera e propria, può favorirne il raggiungimento attraverso un maggiore controllo sulla propria reattività alle richieste ambientali.
A chi rivolgersi
Esistono centri privati specializzati, o con sezioni dedicate, che impiegano questo metodo, ma anche liberi professioni formati specificamente all’utilizzo del biofeedback. In ogni caso bisogna affidarsi alle cure di persone specializzate e competenti nell’impiego di questa tecnica.